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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Gennaro Aprea (del 25/06/2013 @ 19:40:01, in F) Questa è l'Italia, cliccato 636 volte)
E ADESSO, POVER’ UOMO?
 
Mi è venuto spontaneo il titolo del famoso libro di Hans Fallada che ha avuto sempre molto successo in 81 anni dalla sua prima edizione con film e sceneggiati TV.
Avrete certamente capito a chi mi riferisco, però ero incerto, io povero blogger, se intervenire di fronte all’enorme quantità di articoli e commenti sui media italiani e stranieri di importanti editorialisti di alto rango.
Poi, ascoltando alcune (fuori)uscite, non ulteriormente commentate dai media, di certi personaggi che aprono bocca e le danno fiato senza pensare e dimostrando la loro scarsa cultura in fatto di legislazione e di Costituzione, non ho potuto frenarmi.
1)     Santanchè: riporto una delle frasi sentite e forse le parole non sono esattamente le stesse ma il senso è proprio questo. “….Questa sentenza ha screditato l’Italia e gli italiani…”. Cara (si fa per dire) Daniela, dissento fermamente, anzi, la situazione è esattamente il contrario del tuo pensiero. L’Italia e gli italiani, grazie a questa sentenza, stanno riacquistando una certa credibilità e stima da parte dei cittadini e dei politici di molti paesi europei e non, i quali non si spiegavano come mai gli italiani potessero per tanto tempo dare fiducia ad un uomo come Berlusconi, da loro giudicato “non adatto” a fare il Primo Ministro. Alla sentenza si aggiungono le dimissioni (tardive) di un ministro dell’attuale governo Letta, cosa rarissima prima della Signora Idem (solo Scajola per la faccenda dell’appartamento romano pagato da Anemone e poi assolto, ed il Ministro degli Esteri del Governo Monti per dissensi sull’affare “marò”). Anche per questo all’estero si comincia a pensare che qualcosa stia cambiando nel senso di un’Italia verso la “normalità”.
2)     Berlusconi: ha appena riproposto come priorità assoluta la riforma della giustizia, suo pallino fisso. Ha detto, “la riforma della giustizia è un’emergenza!”, come se la ripresa dell’economia ed il lavoro debbano passare da un giorno all’altro in secondo piano e non siano più un’emergenza. Caro (sempre si fa per dire) Silvio: domanda, se non fossi stato condannato la riforma della giustizia sarebbe diventata così urgente?
3)     Sandro Bondi e Gelmini: “Questi magistrati avvelenano i pozzi; così salta il clima di pacificazione”. Bene ha fatto la presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini affermando che “le sentenze non si discutono”. Cari (ancora di fa per dire) Mariastella e Sandro, vi rendete conto che la Magistratura è un’istituzione che per fortuna la nostra Costituzione ha resa indipendente dalla “politica”? Se il vostro Silvio fosse stato ritenuto incolpevole, avreste voi avreste espresso queste idee che hanno tutta l’aria di un ricatto? Ammesso pure che vi siano dei giudici politicizzati al punto di attaccare un imputato che rimarrà solo imputato e non colpevole fino al terzo grado di giudizio, non potete pensare ragionevolmente che i giudici del secondo ed eventualmente del terzo grado non siano tutti politicizzati? Abbiate pazienza ed attendete; poi trarrete le ragionevoli conseguenze. Ci vediamo e sentiamo alla fine! …oppure continuerete sostenere l’imputato incolpevole Berlusconi fino alla fine dei vostri giorni, se al terzo grado sarà ritenuto decisamente colpevole?
 
Di Gennaro Aprea (del 30/07/2013 @ 10:08:28, in F) Questa è l'Italia, cliccato 590 volte)
POLITICI E GIORNALISTI: MA COSA DICONO/SCRIVONO?
 
Per molti giorni non ho scritto una riga: le ragioni sono due: la più importante è che, di fronte a una valanga di notizie di ogni genere e di discussioni a non finire, non osavo intervenire anche se avrei tecnicamente potuto; infatti la seconda ragione è non ne avevo molta voglia perché ero in vacanza dove è impossibile avere internet in casa e l’unica possibilità era di scrivere per la strada utilizzando il Wi-Fi di un amico locale. Ma veniamo al punto.
 
1) In questi giorni si parla molto dell’attesa sentenza della Corte di Cassazione che dovrà (domani mentre scrivo) esprimere il suo giudizio sulla sentenza che ha condannato  Berlusconi a 4 anni di prigione e a 5 anni di interdizione dai pubblici uffici per l’affare Mediaset.  
Ebbene, sia i politici – cominciando dal principale interessato – che i giornalisti fanno di tutto per cambiare le carte in tavola con affermazioni che confondono la gente comune che non sa o non sa molto di questioni giuridiche. Tanto per darvi l’esempio più recente, la Sottosegretaria Biancofiore del PDL ha affermato in un’intervista: “Se Silvio non sarà assolto noi lasciamo Governo e Parlamento”, lasciando intendere che sia la Cassazione a condannare.
Invece Berlusconi è già stato condannato. Infatti quasi nessuno chiarisce che la Corte di Cassazione interviene solo su questioni di diritto, cioè controlla che l’intero iter giudiziale abbia seguito perfettamente tutte le norme del codice di procedura penale. Non dà invece alcun giudizio sulla sentenza della Corte di Appello (passata in giudicato, come si dice) per modificarla o confermarla.
Concludendo, solo nel caso in cui la procedura abbia delle pecche procedurali, allora si ripeterà il giudizio d’appello.
 
2) Qualche giorno fa i media hanno ancora una volta annunciato la ferale notizia che il rapporto Debito/PIL (Prodotto Interno Lordo) italiano è cresciuto al 130,3%.
Spesso la maggior parte della solita gente comune capisce che sia il debito ad essere aumentato tralasciando che si tratta solo del “rapporto”.
In effetti è importante evidenziare che questo rapporto può aumentare anche se il debito diminuisce e viceversa. Ciò dipende solo da quanto aumenta o diminuisce il nostro PIL in un certo momento.
E’ infatti possibile che il debito sia anche diminuito di qualche miliardo di Euro mentre il “rapporto “ cresca, come in questo caso. In questo caso l’unica ragione è che il PIL è diminuito – questo è il guaio - quindi il rapporto è cresciuto.
Potrebbe anche succedere che il debito cresca di qualche miliardo ed il nostro PIL aumenti in un determinato momento in maniera tale che il “rapporto” diminuisca di valore.
 
Signori giornalisti, siate chiari e completi nell’informazione e dimostrate la vostra cultura che, come ho evidenziato, non fa un bella figura!
 
 
Di Gennaro Aprea (del 09/10/2013 @ 11:04:40, in F) Questa è l'Italia, cliccato 669 volte)

SE IL DISORDINE È SINTOMO DI MALESSERE 
 
    
MICHELE SERRA

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Che l’ordine e la disciplina siano sempre e comunque salutari non è poi così certo. Ma che il disordine sia insalubre, perché genera ansia, perché corrode l’anima, è invece sicurissimo. Bastano un paio di giorni a Roma — amatissima, anche perché ci sono nato, ma faticosissima — per abbassare le mie difese immunitarie. Arrivo a sera sfinito. Non tanto la quantità del traffico ma la sua qualità (perfino i pedoni fanno manovre folli) mi stordisce, così come il tempo divorato dagli ingorghi e dai ritardi miei e altrui, i taxi che non si trovano, la sensazione di caos permanente, l’idea di non riuscire mai a trovare il bandolo di una città che ti si sfilaccia sotto i piedi, splendida e in perenne disfacimento.
L’ordine ha le sue brave patologie (quella più tipica è la dittatura) e le sue riconoscibili stupidità: alle Olimpiadi di Los Angeles ricordo ancora con totale ilarità certi “percorsi guidati”, righe gialle al centro di enormi piazzali vuoti, lungo i quali noi giornalisti dovevamo camminare in fila indiana sorvegliati da zelanti volontari che ci invitavano a non deviare neppure di un metro da quell’assurdo ricamo sull’asfalto. Ma il disordine è già in sé una patologia, e nel malessere italiano, ultimamente così acuto, non escludo che l’incapacità di fare ordine — riordinare i gesti come i pensieri — sia una delle cause più eclatanti. La proverbiale incapacità di fare la coda (ultimamente, va detto, un poco attenuata) non è che un sintomo. Ho visto recite scolastiche nelle quali i genitori facevano un tale bordello da soverchiare le voci dei loro figli sul palcoscenico. Ho sentito minuti di raccoglimento diventare ricettacolo di urla, applausi e fischi, cori tribali. Non sopporto gli applausi ai funerali, il lutto che muta in caciara, non capisco che cosa abbia fatto di male, il silenzio, ai miei connazionali. Continuo a vedere parecchi italiani sociolesi (mio neologismo) incapaci di comprendere che, quando la metropolitana apre le porte, prima bisogna far scendere chi è a bordo, e solo dopo si può salire.
Queste tipologie del disordine stroncano, anche perché è la loro minuzia a far cadere le braccia. Se in caso di guerra e di bombardamento la gente urla e fugge disordinatamente, è possibile farsene una ragione. Ma il ciclista a testa bassa sul marciapiede, il gippone in doppia fila, la signora sorridente che ti passa davanti alla cassa del grande magazzino, loro non sono soverchiati da alcuna emergenza, costretti da alcuna catastrofe. È l’ordinarietà dell’offesa, la leggerezza con la quale viene inflitta a impedire una reazione organizzata: se non la voglia, sempre più frequente con l’età, di trasferirsi in Provenza o in Svizzera, meravigliosamente noiosa.
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SEGUITO DEL DISORDINE


Nel 1957 sono andato a lavorare in Nigeria quando questo paese era ancora una colonia inglese. Gli italiani non erano ancora come quelli descritti da Serra però in tutti gli atti collettivi della colonia c’era qualcosa che non conoscevo nei comportamenti di noi italiani in quegli anni. Quindi ho avuto il cosiddetto “imprinting” inglese. Avete presente gli inglesi in fila? Uno dietro l’altro uno e nessuno che cerca di infilarsi o di affiancarsi. Ovviamente anche i nativi si comportavano così perché avevano imparato dagli inglesi e a scuola.
Ma non basta; nel 1975 sono andato a lavorare in Brasile, nel periodo della dittatura dei militari. La prima volta che presi l’aereo/“shuttle” da Rio a San Paulo nel vecchio aeroporto dove ci si avvicinava a piedi all’aereo uscendo dal “gate”, trovai la fila ordinatissima uno per uno: era “merito” – si fa per dire – del regime politico? forse una sua volontà di dimostrazione propagandistica di un regime serio, però ancora è così. Avete invece presente gli italiani in circostanze analoghe?
Condivido il 100% delle giuste critiche di Serra, da Roma (dove ho vissuto da giovane 15 anni della mia vita e quando ci torno mi deprimo come lui) ai cori tribali dello stadio e gli applausi della gente ai funerali, ecc..
Ma aver vissuto e viaggiato in tanti paesi esteri mi fa venire l’idiosincrasia delle persone che vivono così, più di quelli che conoscono meno i paesi più civili del nostro.
 

 
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