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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Gennaro Aprea (del 24/11/2009 @ 20:02:42, in L) Zero-carbonio, cliccato 1043 volte)
ALLORA, QUALE ENERGIA?
 
Fra pochi giorni i rappresentanti della maggior parte degli stati del mondo si incontreranno a Kopenhagen, capitale della Danimarca, per discutere e possibilmente fissare una strategia che tutti dovremo applicare al fine di interrompere concretamente il riscaldamento globale del nostro povero mondo.
Naturalmente i media ed i politici di vari continenti hanno fatto di tutto per accendere polemiche, smentire i possibili accordi (vedi incontri di Barack Obama a Singapore e Pechino con i governanti cinesi) fornire previsioni ottimistiche e pessimistiche sui risultati degli incontri e sulle decisioni dei più importanti produttori di CO2, Stati Uniti e Cina.
Non è possibile prendere posizione in favore o contro i risultati di Kopenhagen: non siamo come i britannici che di ogni evento creano perfette organizzazioni di scommesse nelle quali molti scommettitori giocano migliaia di Euro o di Sterline.
Però vorrei fare pochi commenti ed esprimere delle speranze, dovute al fatto che sono un inguaribile ottimista, partendo da qualche dato di fatto.
1)     è ormai certo che la temperatura media del globo terrestre si sta alzando, anno dopo anno, inesorabilmente
2)     è incontestabile che i ghiacciai si stanno ritirando e che i ghiacci dei due poli terrestri si stanno sciogliendo
3)     nonostante vi siano ancora alcuni “scienziati” – si fa’ per dire – che affermano che il riscaldamento terrestre è dovuto solo a cause naturali, è accertato che le immissioni nell’atmosfera di gas serra, CO2, metano, ecc. siano la causa principale di tale riscaldamento
4)     È ormai noto a tutti che questi gas provocano il riscaldamento dell’aria creando l’effetto serra e che sono originate dalla combustione delle fonti di energia fossili, carbone, petrolio (derivati da) e gas naturale (derivati da)
 
Quindi la maggioranza della popolazione mondiale che abbia una pur limitata conoscenza di questi fatti comincia ad essere consapevole della necessità di prendere i provvedimenti necessari per diminuire i consumi energetici che utilizzano queste fonti fossili di energia.
Molti di noi credono che l’energia nucleare sia la soluzione, almeno nel breve periodo, intendendo per breve in questo caso 10-30 anni perché si fa’ riferimento alla vita del pianeta.
È vero che l’energia elettrica prodotta da centrali nucleari non produce anidride carbonica (CO2) o altri gas, ma è altrettanto vero che il problema enorme ed irrisolto derivante dalla produzione di elettricità da fonte nucleare sono le scorie radioattive che sono ineliminabili e costituiscono già un grave problema per le centrali esistenti.
Se ne sono accorti i maggiori paesi nel mondo cominciando dagli Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, e numerosi altri i quali hanno fermato tutti i loro progetti, ad esclusione della Francia che anzi promuove, come ben sappiamo, questa fonte di energia.
Non sono un tecnico e tanto meno sono in grado di far previsioni nel campo delle nuove tecnologie, ma affermo che, finché la ricerca non risolverà il problema delle scorie (si dice che lo farà l’energia nucleare da fusione in contrapposizione a quella attuale da fissione, fra non meno di 20-30 anni) le centrali nucleari di 3° o 4° generazione, non devono essere costruite.
Ma allora come faremo a sostituire l’energia attualmente prodotta da fonti fossili con altre che non creino problemi?
E come faremo a sostituirle dato che molti esperti affermano che le loro riserve sono limitate (salvo il carbone) ed il mondo avrà sempre più bisogno di energia?
Vi sono numerose tecnologie che possono incidere positivamente, cominciando con la eliminazione dei gas di scarico delle centrali a carbone il cui costo di produzione di energia è di gran lunga il più basso rispetto alle altre due. Infatti è possibile eliminare le enormi quantità di emissioni di anidride carbonica, di ossido di carbonio e di altri inquinanti originati dalla combustione del carbone con tecniche costosissime che fanno raggiungere il costo di produzione dell’unità di energia elettrica prodotta, equivalente ai costi attuali di produzione delle fonti alternative e rinnovabili, costi che stanno diminuendo .rapidamente
Tutti ormai le conosciamo perché se ne parla sempre più frequentemente: l’eolico, il solare, la geotermia, le bio-masse, i movimenti idrici delle maree e delle onde, per non parlare dell’energia idroelettrica.
Ma veniamo ai nostri problemi, piccoli perché di uno stato piccolo, e nello stesso tempo grandi perché non ci siamo preparati alla necessaria innovazione come invece hanno già fatto e stanno ancora facendo altri paesi europei, come la Germania, la Gran Bretagna, l’Austria, l’Olanda, i paesi scandinavi, ed anche asiatici.
Si, le fonti rinnovabili. Molti dicono che non riusciranno a sopperire al fabbisogno della sostituzione delle fonti di energia fossili attualmente usate in massima parte.
Io non sono d’accordo perché mi rendo perfettamente conto che vi sono troppi interessi di grandi entità imprenditoriali e politiche a livello mondiale che contrastano con questa strategia di sostituzione. Ed è proprio là il punto: cosa succederà a Kopenhagen? Quali decisioni prenderanno i grandi della Terra?
All’inizio dicevo che i presidenti degli USA e della Cina si sono contraddetti rispetto alle dichiarazioni fatte da loro stessi a Singapore e poi a Pechino. Per fortuna la seconda istanza è stata quella positiva nel senso che hanno affermato che a Kopenhagen stabiliranno di intraprendere strategie e azioni concrete in favore della diminuzione del riscaldamento terrestre. Se il cosiddetto G2 lo deciderà, come mi auguro, sono certo che tutti li seguiremo. Ora attendiamo da loro solo fatti concreti.
Qualche mese fa Hu Jintao disse: “taglieremo ogni anno il 4-5% di fonti energetiche fossili e al 2030 metà del fabbisogno energetico della Cina sarà da fonti pulite”.
Ma torniamo ai nostri piccoli-grandi problemi italiani. Il Governo attuale ha firmato un accordo con quello francese per la costruzione di 4 centrali nucleari da 1600 MegaWatt ciascuna e prevede che la prima entrerà in funzione entro 10-12 anni. Le successive nei seguenti 5-10 anni. Ammesso che ci si riesca….cosa dubbia conoscendo i miei compatrioti, cosa faremo nel frattempo? Continuiamo a consumare energie fossili? E perché non spingiamo sulle rinnovabili che hanno, fra gli altri vantaggi, quelli di occupare molta più mano d’opera di quella necessaria per gli  impianti nucleari e di ripagare positivamente e più rapidamente gli investimenti necessari alla produzione di apparecchiature di produzione di energia e per il risparmio energetico nelle costruzioni esistenti (che sono milioni) e in quelle nuove?
 
A questo proposito, dato che non mi permetto di pretendere la vostra attenzione e pazienza oltre quelle che avete già avuto nel leggere fin a questo punto, invito solo i lettori particolarmente interessati a impiegare ancora un po’ di tempo per leggere circa 16 pagine, si proprio sedici, che potrete evidenziare cliccando in fondo al mio articolo del 6 marzo 2009 intitolato “Le soluzioni ai problemi dell’energia e dell’ambiente”. Queste sedici pagine sono state scritte a 8 mani, cioè da 4 persone, di cui 2 – i due italiani - sono da me ben conosciute. Si parla della Terza Rivoluzione industriale e della “green economy” secondo l’economista Jeremy Rifkin, creatore e presidente della “Foundation on Economic Trends”, che è consulente di numerosi governi europei e non, salvo naturalmente quello italiano.
Leggerete che l’energia solare (e in buona parte anche le altre) può venire utilizzata in tutto il mondo in maniera decentralizzata (invece di costruire enormi centrali per poi costruire enormi elettrodotti) ovunque ve ne sia bisogno. In effetti l’energia solare è inesauribile mentre le fonti di energia fossili sono limitate ed ogni anno continuano ad aumentare di prezzo perché i costi di estrazione sono sempre in aumento.
Vi ringrazio dell’attenzione.
 
Di Gennaro Aprea (del 18/09/2009 @ 09:46:36, in L) Zero-carbonio, cliccato 1664 volte)
LE STRADE DEL CENTRO DI MILANO
Ricevo, condivido in pieno e pubblico
 
Milano - Via Meravigli
 
Beola, cui Prodest?
 
La pavimentazione stradale con le beole, pur dotando il centro di Milano di una  connotazione artistico–culturale unica, porta tuttavia conseguenze negative all’ambiente e alla salute dei cittadini.
È indiscutibile il fascino delle beole che rappresentano un patrimonio artistico per la città che non va accantonato, altresì valorizzato, ma è altrettanto vero che il pavè crea gravi disagi alla circolazione, rischi alla popolazione e contribuisce all’inquinamento dell’aria e a quello acustico, nonché incrementa esponenzialmente  il costo di manutenzione delle strade pavimentate con le beole che si disconnettono facilmente (soprattutto per il traffico pesante di autobus e camion),  creando disuguaglianze e sconnessioni rilevanti della superficie stradale.
Ci chiediamo allora e chiediamo anche una vostra opinione/supporto  se continuare a far uso della pavimentazione nelle aree carrabili della città.
Forse l’uso delle beole potrebbe essere limitato unicamente alle strade di traffico pedonale...
 
Nello schema si possono notare  gli effetti di tale utilizzo.
 
Quali sono i “pro”? uno solo:
La conservazione del patrimonio storico della città 
 
I “contro” invece:
 
Effetto
Gravità
Maggiori consumi di carburante (maggiore potenza necessaria per far superare alle ruote le differenze di livello)
*
Conseguente maggior inquinamento dell’aria al centro di Milano
**
Maggior inquinamento acustico (per il ciottolato che si muove e urta e per i veicoli che sobbalzano)
***
Vibrazioni trasmesse a palazzi/vetri
*
Maggior richiesta di manutenzione al ciottolato che si scompone/disallinea (maggior frequenza)
***
Manutenzione effettuata da specialisti (maggiori costi)
***
Lentezza nelle riparazioni/scavi (necessità di ricomporre il ciottolato con la stessa disposizione originaria numerando le beole una ad una)
**
Maggiori danni sistematici ai veicoli (gomme/sospensioni)
**
Maggior probabilità di incidenti tra auto che slittano o hanno difficoltà di manovra
***
Slittamento in caso di pioggia/umidità anche a 30 Km/ora (nelle città o autostrade si mette asfalto drenante per evitare incidenti, qui si mantiene il ciottolato)
***
Incidenti alle bici/ciclomotori le cui ruote si bloccano nelle asperità e che si moltiplicano esponenzialmente con la pioggia
***
Incidenti alle persone che attraversano le strade
*
Biciclette che sono costrette ad andare sui marciapiedi (per il rischio di incidenti) con conseguenti disagi ai pedoni
*
Maggior manutenzione alle linee dei tram (disagio al traffico)
**
Scambi tranviari che si bloccano e necessitano l’intervento dei guidatori del tram con disagi al traffico
*
Maggiori disagi alle bici/moto che incontrano una doppia asperità in concomitanza delle rotaie
**
 
 
*     poco grave
**   mediamente grave
***  molto grave
 
Ing. Marco Pisanti
 
Di Gennaro Aprea (del 11/08/2009 @ 11:44:08, in L) Zero-carbonio, cliccato 847 volte)
MIGLIORARE LA RACCOLTA DIFFERENZIATA DEI RIFIUTI
 
In passato ho parlato varie volte di questo problema (vedi per es. l’articolo del 26/2/08 nella Sezione Rodano).
Quando dico migliorare non mi riferisco solo alla qualità ma anche alla quantità: infatti l’Italia è ormai uno dei fanalini di coda europei nella percentuale di raccolta differenziata.
Non sono esattamente al corrente quali siano le percentuali medie di R.D. in altri stati delle U.E. + Norvegia e Svizzera, ma credo che, dietro di noi vi sia solo la Grecia, forse Cipro e Malta e i tre stati baltici. Se mi sbaglio – e qualcuno mi corregga se può, sarebbe utile a tutti – chiedo scusa in anticipo.
In quanto a raccolta differenziata il Nord dell’Italia è certamente migliore del Centro-Sud soprattutto nelle località meno popolate, e vi sono delle punte di eccellenza che sono vicine al 90%. Ve ne sono anche al Sud ma purtroppo sono meno numerose.
Perché vi parlo di questo argomento che sembra ormai essere a conoscenza di tutti? I vantaggi della R.D. sono molti: i minori costi per il riciclo della “materia seconda”, i rifiuti appunto, rispetto alla “materia prima”, per esempio nella produzione di oggetti di plastica, di fertilizzanti, di nuova carta, di nuovi oggetti in metallo, ecc. Ma un altro beneficio è per noi tutti perché, dove si raggiunge una percentuale consistente di R.D., i Comuni possono diminuire la TARSU perché ricavano molti Euro dalla vendita di ogni gruppo differenziato di rifiuti.
Ma c’è un ulteriore grande vantaggio che riguarda ancora una volta l’ambiente: in ogni processo produttivo da materia seconda rispetto quello da materia prima, la produzione di CO2  è di gran lunga inferiore. Pensate solamente alla differenza fra la produzione di prodotti in materia plastica derivanti dal polietilene o polipropilene o anche il PVC (che contiene cloro), che sono utilizzati in quantità enormi per prodotti in plastica, ed un oggetto fatto di plastica riciclata.
Per il primo la materia prima si ricava dal petrolio che è estratto quasi tutto in paesi lontani (l’Italia ne ha pochissimo), viene trasportato di solito con navi, scaricato in raffinerie costiere, raffinato, ed uno dei prodotti della raffinazione, la Virgin Naphta,  subisce un processo di rottura delle molecole che dà luogo all’etilene, al propilene ed il butadiene (materia prima per la gomma sintetica). L’etilene e il propilene subiscono un ulteriore processo di polimerizzazione per ricavare appunto il polietilene ed il polipropilene.
Spero di essere stato chiaro ma, se vi è difficile seguire questi processi (che ho già semplificato) sicuramente risulta chiara la lunga storia di una materia prima che si trasforma a sua volta in un oggetto di plastica e che nel lungo processo emana enormi quantità di CO2.
Invece i rifiuti di plastica differenziati, per farla breve, vengono lavati, triturati e ridotti in una materia seconda che si trasforma in un nuovo oggetto di plastica.
Spero che non siate esausti.
E adesso vengo al punto.
Una delle importanti ragioni per le quali noi “consumatori” abbiamo difficoltà a differenziare – a parte la pigrizia e le alzate di spalle delle persone incivili  - è non ci arriva l’informazione a monte. Potrei parlare di ognuno dei gruppi di rifiuti, ma, visto che ne abbiamo trattato finora, resto sulla plastica.
Io sono abbonato ad un mensile edito da una delle Direzioni Generali della Commissione Europea: si chiama “Single Market News” (Notizie del Mercato Unico), e come quasi tutti i “magazine” che riceviamo per posta, è protetto da un pellicola di polietilene. Bene, su questa pellicola c’è scritto: PE-HD (PoliEtilene alta densità) ed in 11 lingue la frase: “Polietilene riciclabile – rispetta l’ambiente”.
Vi sono centinaia di imballaggi di plastica, di carta, di metallo, e di altre materie che utilizziamo abusandone (anche per l’abitudine dei produttori di abbondare oltre la logica). Pensate un momento ai prodotti alimentari. Esempio: sui sacchetti dei biscotti o dei prodotti surgelati di cui ci nutriamo, non c’è alcun riferimento alla qualità dell’imballaggio 1).
Non costerebbe niente ai nostri parlamentari di qualsiasi lato dell’aula, spesso ignoranti di o non interessati a queste cose, che creano centinaia di leggi incomprensibili e spesso inutili, di fare una legge chiara e brevissima, che non costa niente alle casse dello Stato, obbligando i produttori di questi alimenti ad evidenziare chiaramente ed in grande sui loro coloratissimi imballaggi solo triangoli, e non segni diversi 2) (per es. il cellofan non è plastica). Basterebbe dare un lasso ragionevole di tempo a tutti i produttori per aggiungere questi segni ai loro imballaggi. Ed anche a loro non costerebbe niente.
Poi una adeguata informazione/educazione pubblicitaria darebbe la possibilità a noi consumatori di riciclare meglio e in quantità decisamente maggiori i nostri rifiuti.
Meno spreco, meno gas serra, meno costi, meno tasse sui rifiuti.
 
 
1)       In qualche imballaggio di alimenti ho trovato il giusto segnale per la differenziazione: un minuscolo triangolino equilatero con gli angoli arrotondati di soli 8mm di lato, all’interno del quale vi è la sigla PP (PoliPropilene)
 
2)       Qualche volta su alcune confezioni di latte in busta c’è un cerchietto in cui è inserita la sigla CA
 
 
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