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COSA FACCIAMO DELLA PLASTICA ?
Di Gennaro Aprea (del 09/09/2018 @ 19:42:59, in L) Zero-carbonio, cliccato 626 volte)
COSA FACCIAMO PER L'INVASIONE DELLA PLASTICA ?
 
Franco Borgogno, ottimo giornalista scientifico, ha scattato una serie di foto durante l'ultimo viaggio dell'European Research Institute al Polo Nord (1) (81° lat. N il 7-25 luglio 2018) nelle quali appaiono numerosi oggetti o frammenti di plastica con i quali giocavano alcuni uccelli marini. Ne ha contati 150 contro i 31 avvistati nel 2012.
 
Alcuni di voi le avranno viste (molti, spero) e la scoperta è impressionante perché tutti noi siamo portati a ritenere che l'oceano del Polo Nord sia il mare più pulito del mondo abitato solo da fauna e uccelli marini. 
 
In effetti dall'inizio di quest'anno si parla molto di plastica rispetto al passato e dei danni che provoca al pianeta l'uso sconsiderato che ne facciamo. Ma non è solo colpa nostra in quanto cattivi utilizzatori: dietro la parola plastica vi sono enormi interessi di un'industria mondiale che la produce e che non ha alcuna intenzione di ritirarsi in pensione, o meglio di cambiare mestiere. La loro strategia di marketing è quella di spingerci ad usare sempre di più i prodotti di plastica; non solo, ma a rendere difficile la raccolta differenziata per il riciclo ed il ri-uso.
Insieme all'industria vi sono anche molti esempi di governanti incompetenti o disinteressati o addirittura collusi.
 
Persino i dati statistici sono spesso non chiari, contraddittori o non aggiornati. Comunque ve ne do alcuni per darvi un'idea di "quanto" parliamo.
 
Mondo
- dagli anni 50 del secolo scorso ad oggi la produzione totale delle numerose
  materie plastiche di base è stata di 8,3 miliardi di tonnellate (ultimi dati
  disponibili 2016)
- ne abbiamo buttato in natura 6,3 miliardi, cioè il 79% (cioè discariche
  e ambienti naturali)  il 12% incenerito (producendo  inquinamento
  atmosferico) e solo il 9%   riciclato
- ogni anno sono prodotti 310 milioni di t. (dati al 2014); alcuni dati
  parlano di 335 milioni al 2016
- nel 1974 il consumo annuo globale pro capite di plastica era 2 kg;
  oggi siamo a 43 kg
 
Europa (UE 28 + Norvegia e Svizzera)
- produzione: 60 milioni di t. nel 2016
- consumo 49,9 milioni t., il resto esportato
- raccolta di rifiuti plastici per riciclo: 11.3 milioni t. (18,8%) per
  recupero energetico di cui 8,4 milioni per via meccanica, cioè
  producendo nuovi oggetti, ma solo una parte riciclata in
  Europa (37%) mentre il resto è stato esportato e riciclato
  all'estero, prevalentemente in Asia
 
Italia
- produzione: 5,81milioni t. (2017) di cui circa il 27% esportato
- riciclo: 26% del totale
 
Come si può notare, il riciclo in Italia è fra i migliori in Europa e nel mondo. Tuttavia in generale siamo ancora molto lontani dall'ottimo perché la maggior parte della plastica è tuttora lungi dalla sua separazione ottimale. A parte i numeri, la maggior parte di essa finisce insieme ad altri rifiuti in discarica e in parte minore negli inceneritori.
E' importante sottolineare che in Germania, Austria, Svezia e Danimarca le discariche sono proibite.
In effetti, nonostante la raccolta differenziata si sia sviluppata notevolmente, specialmente in Europa, i rifiuti della plastica ed il loro derivante inquinamento della natura sono tuttora eccessivi e si sono estesi alle acque marine ed interne. Tutti siamo al corrente delle numerose ed enormi isole di rifiuti di plastica che galleggiano nell'oceano Pacifico ed in altri mari nel mondo.
 
Non solo, in una ricerca dell'Università delle Hawaii è stato accertato che la plastica esposta al sole si degrada producendo due noti gas serra, il metano e l'etilene; inoltre tutti noi ormai sappiamo che i pesci ingeriscono micro particelle di plastica che entrano nel nostro organismo quando diventano nostro cibo abituale.
E' quindi necessario modificare senza ulteriori ritardi la politica produttiva mondiale nel senso di diminuire drasticamente la produzione di oggetti di plastica e recuperare i rifiuti esistenti e futuri con tutte le tecniche possibili e disponibili.
Se ciò non si realizzasse e si continuasse la lenta politica di miglioramento attuale, la plastica potrebbe raggiungere i 34 miliardi di tonnellate nel 2050 di cui almeno 12 costituirebbero rifiuti sparsi in tutto il pianeta.
Il risultato di uno studio del CNR ha dimostrato che in ogni km quadrato di alcuni mari italiani ne esistono circa 10 kg, in particolare nel Tirreno settentrionale, intorno alle Isole compresa la Corsica e le coste pugliesi. Questi valori sono maggiori di quelli corrispondenti alle famose isole di plastica nell'oceano Pacifico, di cui una grande 3 volte la Francia
 
Come già accennato, i vari tipi di plastica attuali che si degradano in circa 500 anni, possono essere sostituiti, invece delle attuali materie prime costituenti su base petrolchimica (es. polimerizzazione dell'etilene, propilene, ecc.) da altre materie prime, come alcune alghe ,vari tipi di vegetali e persino scarti di cucina, i quali riescono ad auto-degradarsi in circa 2 anni o poco più. La ricerca in questo senso è in stadi avanzati.
 
Un'altra ricerca dell'Università dell'Illinois è già riuscita a far degradare la plastica mediante un processo che indebolisce i polimeri colorandoli in giallo e colpendoli con raggi UV che "strappa" gli elettroni e rompe il circolo con la conseguente instabilità. Ad oggi non si conosce ancora il costo di questo processo su larga scala.
 
La ricerca continua in tutto il mondo avanzato: la più recente è quella di un'azienda svizzera che riesce a produrre 900 kg di kerosene (combustibile per aerei a reazione) e diesel da una tonnellata di plastica leggera (bottiglie e sacchetti) mediante un processo di pirolisi. Meglio questa soluzione - che comunque vale solo per una transizione di medio periodo in favore dell'energia elettrica, dato che la combustione del carburante ottenuto produce comunque gas serra - che i rifiuti di plastica non degradabili.
 
E' recente la notizia che in Francia il governo ha deciso di favorire il riciclo della plastica delle bottiglie mono uso stabilendo un prezzo superiore (di almeno il 10%) rispetto a quelle nuove, cioè non riciclate. Dovrà apparire la garanzia di questo status sul contenitore con pesanti ammende per le falsificazioni. I due risultati positivi sono: da una parte un piccolo vantaggio per i consumatori mentre la più importante è che saranno prodotte meno bottiglie di plastica nuova.
 
Ultima notizia positiva riguarda il "varo" a San Francisco del primo "Ocean Clean Up" (inventore l'olandese Boyan Slat), un grosso tubo di grande diametro lungo 600 m curvato a forma di un'enorme "U" che ha una "gonna" subacquea di 3 m penzolante sotto il livello del mare. Questo galleggiante, chiamato "System 1", si sposta senza bisogno di energie da motori inquinanti ma grazie alle correnti, ai venti e alle onde, le stesse energie naturali che hanno creato le isole di "zuppa" di plastica. Queste sono incamerate senza disturbare la fauna marina sottostante. Il risultato è la facilitazione della raccolta per il riciclo con la diminuzione graduale di questi enormi ammassi di detriti plastici. Si prevede di costruirne una sessantina per raccogliere il 90% delle isole attuali entro il 2040.
 
Comunque è basilare incrementare al massimo la raccolta differenziata dei rifiuti di plastica che è tuttora limitata.
Come già accennato in precedenza, la ritrosia dei produttori di plastica e la misconoscenza dei responsabili delle politiche dei vari livelli esecutivi per salvaguarda dell'ambiente e quindi del clima, crea situazioni e realtà negative.
Mi piace di riportare un paio di piccoli esempi significativi.
 
Come tutti sappiamo, quando con la raccolta differenziata facciamo il nostro dovere di separare i nostri rifiuti di plastica e di carta, le aziende che gestiscono la raccolta si raccomandano di raccogliere quelli di plastica e la carta puliti e separati, Se non lo si fa, questi rifiuti vanno nell'"indifferenziato" destinato quindi all'incenerimento o alla discarica.
 
Da qualche anno a questa parte i produttori di pane e altri cibi da forno come le brioche, ecc., hanno deciso di offrirli confezionati in lussuosi sacchetti di carta con delle finestre di plastica trasparente non facilmente divisibili perché ben incollati fra di loro.
Inoltre i commercianti, soprattutto la GDO (Grande Distribuzione Organizzata), appongono lo scontrino cartaceo sulla parte plastica del sacchetto, cosa che contribuisce unire carta e plastica.
Ciò avviene anche per numerosi altri prodotti alimentari (es. carne, pesce, cibi precotti, ecc.) offerti su vassoietti di plastica o di cartoncino impermeabile, coperti con plastica trasparente; in questo caso lo scontrino di carta è apposto ancora sulla plastica trasparente.
Il risultato è che solo una minima percentuale di noi consumatori si pèrita di dividere i due tipi di imballaggio secondo la regola, cioè dividiamo la carta dalla plastica e tagliamo le parti indivisibili dell'incollatura mettendole giustamente nell'indifferenziato. In effetti  la nostra vita è caratterizzata dalla fretta continua che porta spesso anche a non dare nemmeno una leggera lavata al vassoietto per poter differenziare correttamente (non costa niente metterli in lavastoviglie).
Il risultato finale è che la maggior parte (ritengo 95%) di questi imballaggi "impuri" va nell'indifferenziato. Peggio ancora se sbagliamo nel mettere questi sacchetti tal quali nella plastica: ciò fa aumentare i costi e i tempi per il controllo dei riciclatori che sono costretti a toglierli dal nastro mobile e mandarli all'indifferenziato.
Proviamo ad immaginare il peso annuale di questi rifiuti per ogni famiglia che non viene suddiviso secondo le regole. Certamente non insignificante in tonnellate.
 
Questa è la dimostrazione di come l'industria della plastica crea occasioni di utilizzo della plastica che non può essere recuperata per il riciclo, né tolta dallo spargimento in natura.
 
Cosa potrebbero fare i legislatori? Ecco due semplici proposte di regolamenti:
 
- imballaggi tutti di plastica o tutti di carta
- scontrini tutti di plastica o tutti di carta da apporre sull'imballaggio secondo
  la sua qualità.
 
La loro applicazione non comporta costi salvo per i controlli del caso e l'educazione al commercio ed ai consumatori; ma i nostri legislatori non se ne interessano affatto.
 
Per finire con i nostri politici, e utile ricordare che tuttora, nonostante alcune eccezioni e la buona volontà di pochi produttori di alimentari, ancora la maggior parte di essi non appone sugli imballaggi un chiara scritta della qualità dell'imballaggio e dove deve essere destinato per la raccolta differenziata. Quindi nella maggior parte dei casi il consumatore  dubbioso destina l'imballaggio ancora una volta nell' indifferenziato.
Cosa aspettano a fare un regolamento che imponga queste semplici indicazioni su tutti gli imballaggi?
 
Per concludere è comunque necessario che a livello mondiale noi utilizzatori di qualsiasi prodotto diveniamo consapevoli che è nostro dovere, nel nostro stesso interesse, far sì che i nostri comportamenti si adeguino alla stringente necessità del salvataggio dell'ambiente.
 
Ma ricordiamo anche di farci rappresentare nei parlamenti da quei politici competenti e onesti che intendono lavorare in favore del pianeta.
 
 
 (1) ricerca guidata dall'Istituto Idrografico della Marina con CNR, ENEA, OGS, CMRE, IDS e Università della Sorbona