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VIVERE FUORI CITTA'
Di Gennaro Aprea (del 30/10/2009 @ 17:15:13, in F) Questa č l'Italia, cliccato 810 volte)
Credo che questa storia, per noi che abitiamo nel Nord-Italia, abbia dell’incredibile ! Me l’ha mandata un mio caro amico palermitano che conosco dal 1987, oggi dirigente in una importante società di navigazione locale. Tengo a sottolineare che si tratta di Palermo e dintorni e continuiamo ad essere nel 2009…..non nel 1800.
Ed in più ho il piacere di inserirla nella Sezione “Questa è l’Italia” dove finora ho dovuto sempre raccontare cose negative.
Sembra proprio uno scoop, come quello dell'uomo che morde il cane Però, a parte gli scherzi, qui al Nord, anche fuori città, sarebbe difficile una storia così perché ormai la fiducia nella gente e la diffidenza di tutti è dilagata. Cerchiamo allora di imparare qualcosa da questo sconosciuto Sud !
 
VIVERE FUORI CITTA’
 
Le vicende della vita mi hanno portato ad abitare da qualche anno in un paesino ad una ventina di chilometri da Palermo, dove però continuo a lavorare.
Sono quindi a tutti gli effetti un “pendolare”, e della peggiore risma   - dirà il mio amico Gennaro  - visto che per questo vai e vieni giornaliero utilizzo l’autovettura, ma purtroppo il pessimo servizio ferroviario mi ha costretto ad escludere il mezzo pubblico.
Il che mi ruba non meno di un’ora e mezza tra andata e ritorno, e spesso, specialmente quando mi imbatto nel solito ingorgo, mi chiedo “Ma chi me l’ha fatto fare? Non sarà stata una gran cazzata quella di andare a vivere fuori porta?”
La risposta  sta nella stupenda vista che mi gusto dalla terrazza di casa, il mare, il golfo che va da Capo Zafferano a Cefalù, e il panorama delle Isole Eolie all’orizzonte: non amo le frasi fatte, ma davvero mozza il fiato. E poi, l’assenza totale di inquinamento che è invece alto in città.
Ma non è l’unico fattore che mi conforta e mi conferma di aver compiuto un’ottima scelta: in paese i rapporti tra le persone sono improntati ad una fiducia e ad una buona predisposizione verso il prossimo che in città si sono totalmente perse, vittime della diffidenza che regna sovrana.
Un episodio per tutti: una domenica mattina, d’inverno, mi capitò l’esigenza imprevista di andare a fare con urgenza la spesa, non ricordo il motivo; il fornitore solito era chiuso e quindi andai in un supermercato di un paese vicino, dove ovviamente non mi conoscevano.
Al momento di pagare, a scontrino già emesso e tutta la roba già inserita nei sacchetti a portar via, vado per prendere il portafogli e …. lo avevo dimenticato a casa!!! Cercando convulsamente tra le tasche, tentavo di trovare la frase meno ridicola per giustificarmi, mica è bello dire davanti a tutti “Non ho soldi, ho dimenticato il portafogli, mi scusi tanto, lascio tutto”.
Anni ed anni di vita precedente mi avevano abituato e rassegnato al ritmo frenetico ed ai rapporti interpersonali della metropoli, dove in simili frangenti, già il cliente successivo come minimo avrebbe sbuffato lamentandosi per il tempo sprecato nell’attesa, e la cassiera mi avrebbe guardato con disprezzo, o quantomeno con un sorrisino di compatimento.
Ma mi sbagliavo. Con gran sorpresa, e ammirata riconoscenza, mi sono sentito invece dire: “Tranquillo, dottore, vada pure, i soldi me li porta la prossima volta che passa, che problema c’è?”. E tengo a precisare che il conto era 152 euro (mi è rimasto ben impresso nella memoria), quindi non precisamente bruscolini…
E’ stata una grande lezione di umanità e un’iniezione di ottimismo, un salto indietro verso un tempo (invero da me vissuto molto poco)  in cui l’educazione, la fiducia reciproca, il senso del dovere che porta a considerare l’inadempienza ai propri impegni quasi come una macchia alla propria reputazione e soprattutto il rispetto per gli altri erano la regola, e non eccezione come oggi.
 
Francesco Agnello