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CORSI E RICORSI STORICI
Di Gennaro Aprea (del 05/08/2013 @ 18:48:42, in M) Satira e Umorismo, cliccato 750 volte)
CORSI E RICORSI STORICI (di Tomaso Campanella)
ovvero
LA STORIA SIAMO NOI
 
Sono molti mesi che non scrivo un articolo di “Satira e umorismo”, forse più di un anno; non me lo ricordo più e me lo spiego solo perché sono ormai gli stessi mesi che ciò che è accaduto e sta tuttora accadendo in Italia non porta ad essere allegri o a divertirsi. Ci sono eccezioni di ottimi giornalisti satirici che riescono a creare vignette e soprattutto a scrivere cose che, nonostante tutto e meno spesso di prima, ci spingono al sorriso; però io mi sento un povero tapino che non riesce ovviamente a mettersi al loro livello.
 
Questa volta mi è venuto in mente di dire qualcosa facendo ricorso al doppio titolo: l’occasione è il discorso di ieri dell’ex premier davanti a palazzo Grazioli a Milano. Lo stile, la voluta lentezza, le smorfie e gli atteggiamenti del corpo mi hanno ricordato vari discorsi di Benito Mussolini che ho ascoltato e ai quali ho assistito da bambino “balilla moschettiere” (col "moschetto 91" in dimensione bambino) di 10-11 anni plagiato dal fascismo durante i “sabato fascista” quando quelli che ci gestivano ci facevano sentire importanti, soldati in erba pronti ad andare al fronte contro i nemici di allora, inglesi e americani (zitto, il nemico ti ascolta…e ancora oggi lo fanno con mezzi tecnologici avanzatissimi rispetto ad allora).
Avrete certamente notato l’abitudine ormai invalsa da tempo di questo condannato a 4 anni di prigione da 3 gradi di giudizio da parte di tre altrettante corti di giudici comunisti (gli ultimi sembravano proprio vecchietti dei tempi del Fronte di Liberazione); abitudine di salutare con la mano destra con gesto identico a quelli mussoliniano e hitleriano (in tempi recenti varie stazioni televisive hanno trasmesso filmati e racconti, per es. la Storia siamo noi, in cui si vedeva ripetutamente questo tipo di saluto).
Tuttavia, a parte questo dettaglio, è il discorso di ieri davanti a un limitato numero di persone che ha provocato in me la stessa reazione di quello di Mussolini ascoltato – ormai dodicenne dubbioso - in ottobre del 1942 quando Hitler lo aveva rimesso in piedi liberandolo dalla prigione del Gran Sasso. In quel discorso il duce aveva confermato la vittoria a fianco dell’alleato tedesco, con i soldati della nuova Forza Italia... scusate, nuova Repubblica Sociale Italiana.
Quel discorso, visto anche al cinema negli abituali “cinegiornali” prima dell’inizio di ogni film, mi è tornato immediatamente in mente. Una delle cose che più mi ha impressionato è stata l’espressione facciale identica delle due persone che dicevano delle cose talmente assurde che erano volutamente espresse mostrando di non crederci affatto. Perciò mi è venuto tanto da ridere!
Poi sappiamo come è andata a finire, né lui né i suoi sostenitori gerarchi hanno vinto la guerra (nello scambio di lettere nel 1945 con Claretta Petacci lui rispondeva agli incitamenti di lei ad andare avanti, con frasi dubbiose ma realistiche e le chiedeva perché insistere a fare altri discorsi in pubblico). Oggi al suo posto ci sono la Biancofiore e la Santanché ed altri che insistono a considerarlo uno grande statista mentre De Gasperi, Togliatti, Nenni e Moro e pochi altri dei primi tempi della democrazia italiana si rivoltano nella tomba.
Non arriveremo mai più, per fortuna e grazie alla nostra democrazia, a un piazzale Loreto e cose simili, ma mi sembra proprio che il declino del “nostro” sia già arrivato in fondo.
E’ proprio vero che in Italia vi succedono i famosi corsi e ricorsi storici – in questo caso dei periodi d ventennio o giù di lì - del filosofo Campanella.
Con l’occasione desidero ribadire quanto avevo scritto in un articolo nella Sezione “Commenti e varie” intitolato “Terza repubblica?” del 24 dicembre 2012 nella quale affermavo che i capi di governo degli ultimi 40 anni saranno ricordati fra 50-60 anni nella storia come dei normali Presidenti del Consiglio che si sono avvicendati agendo quasi tutti e quasi sempre male con qualche “breve” eccezione, per la nostra Repubblica.
Giuseppe Mazzini, costretto continuamente a nascondersi e temendo di sparire dai pensieri della gente, diceva: "parlate bene di me, parlate male di me, ma parlate di me".
Da qui la mia proposta: d'ora in poi, vogliamo smetterla di parlare tanto e troppo di questo ex premier? Questo è un forte suggerimento anche ai giornalisti.
 
Ed il PD e gli altri non si lascino influenzare troppo dalle uscite di questo poveraccio.