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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Gennaro Aprea (del 15/01/2011 @ 23:22:18, in L) Zero-carbonio, cliccato 530 volte)
LA COMPAGNIA DEGLI UOMINI
 
Durante questa settimana che sta per finire ho avuto l’opportunità di imparare qualcosa in più, prima assistendo ad un incontro pubblico e poi al dramma teatrale di cui si era discusso nell’incontro.
Si è trattato della “commedia”, così la chiama l’autore inglese vivente Edward Bond che ha scritto questa opera teatrale, intitolata appunto “La compagnia degli uomini”. Non è uno spettacolo divertente, anche se in alcune scene le battute degli attori – tutti indistintamente bravissimi -  spingono ad una risata. È qualcosa di veramente drammatico perché descrive la crisi del capitalismo utilizzando dei personaggi che tramano fra di loro e gli uni contro gli altri, fino a rendersi i peggiori aguzzini di se stessi, in un ambiente scuro e pieno di dolorosa durezza. Questo dramma è stato scritto nel 1989 (in piena età Thatcher) ma è di un’attualità sorprendente.
In uno scritto che Bond ha preparato per Il Piccolo Teatro Grassi di Milano dove è stata rappresentata la prima di questa opera, l’autore dice fra l’altro:
 
<……È uno shock riscontrare come l’attuale crisi del capitalismo non sia stata prodotta dai suoi nemici ”ufficiali”, la classe operaia, i poveri, gli anarchici, “le classi sovversive”. È stata causata dai capitalisti stessi. I banchieri si sono comportati come un’infiltrazione mafiosa ai danni di quella democrazia che la proteggeva. Tale cancro ha ricattato la gente, quasi avesse sequestrato intere comunità.
Ciò è già sufficientemente sgradevole. Ma lo shock ancora maggiore è riscontrare come i capitalisti siano i peggiori vandali che abbiano mai saccheggiato terra e oceani. Si sono dati alla razzia per ottenere le materie prime che hanno poi trasformato in quei prodotti responsabili dell’inquinamento ai loro stessi danni.
Hanno contaminato persino i cieli, trasformando gli elementi in una furia di tempeste, alluvioni e uragani.
Come può sopravvivere una società che si fondi su una distruzione simile?.....>
 
All’incontro di lunedì 10 gennaio sono intervenuti 6 personaggi i quali hanno ragionato su come il teatro possa influire e dare spunto a qualcosa di molto importante alla quale pensare. Il titolo provocatorio dell’incontro era infatti “L’industria al tramonto? Economia, etica, teatro”
Il primo a parlare è stato Sergio Escobar Direttore del Piccolo Teatro; poi è intervenuto Luca Ronconi il Regista che si è assentato presto perché aveva la prova generale. Gianni Riotta, Direttore del Sole-24 Ore ha in un certo senso condotto l’incontro e, dopo di lui, Corrado Passera Consigliere Delegato di Banca Intesa, Ivan Lo Bello Presidente della Confindustria Sicilia (fra i migliori) ed infine Marco Vitale Economista.
Dentro di me li ho ringraziati molto per quanto hanno detto di istruttivo, stimolante ed estremamente interessante. Dopo aver esaminato ampiamente la situazione, per esempio il rimpicciolimento quantitativo del ceto medio e l’aumento dei poveri, il benessere decrescente soprattutto per i giovani, la corruzione ormai globale, hanno “azzardato” alcune soluzioni, cioè la necessità di una responsabilità sociale che si è ormai persa, l’urgente esigenza di nuovi valori che siano collettivi, sottolineando i consumi eccessivi e gli sprechi, ribadendo il bisogno di una riforma del mercato dove sono assolutamente necessari regole e controlli, l’urgente necessità di salvaguardare l’ambiente che ci circonda, ecc. insomma hanno messo in evidenza tutte le cose che dobbiamo fare per noi stessi e per gli altri. Il professor Vitale, parlando della correlazione col teatro, si è augurato che Ed Bond scriva ora una commedia in cui si veda un Obama che alza le braccia arrendendosi ai professionisti di Wall Street.
Peccato solo che non abbiano accennato a come si possono realizzare queste cose. Avrei voluto porre loro questa domanda ma purtroppo non erano previsti interventi del pubblico.
 
 
PS – Ho avuto tempo di leggere un solo giornale lunedì e martedì. C’erano sulla cronaca cittadina milanese gli annunci dell’incontro e del dramma, In televisione Lombardia era annunciato lo spettacolo teatrale, non l’incontro. Nei giorni successivi nessuna menzione.
Mah!
Però, se andate su Google e scrivete il titolo, trovate tutto
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Di Gennaro Aprea (del 29/12/2010 @ 17:41:43, in C) Commenti e varie, cliccato 697 volte)
SIAMO TUTTI SCRITTORI
È vero che molti famosi scrittori del passato non vivevano dei loro scritti, anzi spesso sopravvivevano grazie ad altri mestieri e professioni, ma in alcuni casi anche di rendita; non solo, il successo per molti di loro è venuto dopo la morte, nonostante fossero degli ottimi romanzieri, poeti o drammaturghi.
A partire dalla fine del 1800 quando fu istituito il Premio Nobel (il primo fu assegnato nel 1901) la scrittura ha iniziato la sua piena “mondializzazione” che è andata via via accentuandosi col passar degli anni. Senza fare nomi, mi riferisco ai premi letterari dei quali abbiamo assistito impotenti all’inflazione, specialmente in Italia. Penso che ogni sindaco ormai voglia far ricordare il suo nome instituendo un nuovo premio letterario….
Con il recente sviluppo della civiltà mediatica degli ultimi decenni e l’incoraggiamento che essa ha dato alle persone che una volta non si sarebbero mai aspettate di divenire famose in pochissimo tempo, molte di esse si sono messe a scrivere libri di tutti i generi, dalle autobiografie ai saggi politici, a quelli umoristici, ai romanzi, poesie, saggi sociali, e di moltissimi altri generi.
Cantanti, professori, comici, deputati e senatori, presentatori alla TV, giudici, partecipanti a trasmissioni di intrattenimento, attori, musicisti, giornalisti, avvocati, imprenditori, medici, sportivi, veline, ecc. hanno scritto di tutto e di tutti, unendosi a quell’infinità di scrittori sconosciuti che non riescono a far pubblicare i loro lavori perché sono appunto degli sconosciuti, soprattutto perché non appaiono in televisione.
La grande differenza fra i primi e gli sconosciuti è che gli editori fanno a gara per pubblicare i lavori dei famosi le cui immagini appaiono spesso in TV e poi sono commentate ulteriormente sulla stampa o sulla stessa TV da polemiche e discussioni per lo più chiassose. Questi hanno guadagnato e continuano a incrementare i loro redditi anche perché molti di essi sono diventati “testimonial” per la pubblicità di numerosi prodotti e servizi.
Personalmente non ho il tempo di seguire tutte le trasmissioni, ma circa 5 giorni alla settimana nella trasmissione di Corrado Augias “Le Storie – Diario italiano” ,vi è un nuovo libro pubblicato di recente; idem per la bisettimanale “Che tempo che fa” di Fabio Fazio; qualche volta ho seguito occasionalmente qualche trasmissione di altre reti nelle quali si presentava un nuovo libro. Potete quindi immaginare quanti sono i libri che escono ogni giorno riempiendo le librerie di ogni tipo, ben pubblicizzati in televisione.
Ma la cosa bella è che la gente – soprattutto quella che va al mare in vacanza – compra molti di questi libri facendo finta di essere un intellettuale sulla sdraio. E spesso si tratta di testi “spazzatura” di autori vari, compresi numerosi stranieri.
Mi chiedo: ma tutti questi libri esisteranno ancora nelle biblioteche – ormai molte informatiche – fra 50-60 anni, o anche più? Quanto le future generazioni apprezzeranno questi libri? Forse quelli che commentano le stagioni politiche e le situazioni sociali ed economiche ad esse connesse saranno ritenuti interessanti perché aiuteranno gli storici professionisti; ma gli altri? Chissà!.
E mi chiedo ancora: dato che i libri stampati stanno vistosamente perdendo terreno rispetto a quelli offerti ormai da più editori di libri da comprare via Internet[1], ma anche da leggere e sfogliare sulle tavolette elettroniche che stanno invadendo i mercati mondiali da un paio d’anni, cosa succederà a questi volumi cartacei che stanno anche loro inflazionando le librerie di tutto il pianeta?
Si, siamo diventati tutti scrittori (anche io) ma forse vi saranno solo poche opere – come è sempre successo - che resisteranno nel tempo e saranno parte della cultura delle future generazioni. Alcuni di essi, pur avendo scritto buone cose, stanno sparendo perché “non sono più di moda”  (es. Alberto Moravia)….ma speriamo che i giovanissimi li studieranno nella futura letteratura italiana o di altri paesi.
Rinnovo i miei migliori auguri di buon anno a tutti i lettori.


[1] Amazon ha dichiarato che le sue vendite di libri “on line” ha raggiunto il 52% quindi ha superato quelle del cartaceo
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Di Gennaro Aprea (del 20/12/2010 @ 19:34:43, in M) Satira e Umorismo, cliccato 657 volte)
MANAGEMENT CHANGE e CHANGE MANAGEMENT
 
Per chi non ha molta dimestichezza con l’inglese questa coppia di parole scritte invertite ha un significato decisamente diverso.
Mi sono venute in mente in questi ultimi giorni di fronte allo spettacolo della politica e della situazione globale e, nonostante la loro diversità di significato, in questo caso esse hanno una correlazione molto stretta.
Non vi faccio aspettare oltre e spiego, sempre per quelli che conoscono altre lingue, compreso quelle dei dialetti italiani.
Management Change = Cambio della Direzione (nel senso di quelli che dirigono)
Change management = Gestione del cambiamento
Il pensiero che leggerete di seguito vale per tutti, anche per quelli che conoscono l’inglese alla perfezione.
In questi tempi in cui l’economia e l’ambiente, non solo quello fisico, sono in continuo divenire con grossi sconquassi, tutti noi e soprattutto le aziende devono saper gestire e far fronte al cambiamento di tutto ciò che ci circonda, finanze, rapporti umani, difficoltà in crescita, cortei, nevicate….e chi più ne ha più ne metta.
Queste esigenze si riferiscono anche all’Azienda Italia, che è, ahimè “gestita” da persone che hanno dimostratodi non averne la capacità (per pura incompetenze ed interessi di bottega), per un mucchio di ragioni; poi ci sono numerose altre persone che intenderebbero sostituirsi alle prime, e dubito che anch’esse ne abbiano le capacità, fatte salve in ambedue i casi le debite eccezioni.
In generale il mio personale pensiero il quale, sia ben chiaro, non è qualunquista, mi dice che è assolutamente necessario un ricambio, anzi un cambio, soprattutto generazionale, affinché vi sia una nuova classe dirigente dell’Italia che sia fatta di giovani (donne e uomini) preparati ed onesti - e ce ne sono! - (e finora sono stati messi da parte) insieme ad alcune eccezioni[1]  di cui si diceva prima.
In conclusione, facciamo sì che si cambi il management in maniera tale che il nuovo management sia capace di gestire il cambiamento.
Come realizzare tutto ciò?
Non è facile ma si può fare. Se ne vogliamo parlare sono a disposizione.
Resto in attesa di vostre notizie (come si diceva nelle lettere commerciali di un’epoca passata) ed invio distinti saluti


[1] Uno di questi ci ha lasciato ieri, purtroppo
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