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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Gennaro Aprea (del 04/11/2008 @ 14:23:40, in C) Commenti e varie, cliccato 908 volte)
VIAGGIO IN LIBIA
 
Sono appena tornato da un giro turistico in questo paese che non conoscevo perché ci ero stato solo per lavoro parecchi anni fa con un breve soggiorno unicamente a Tripoli. Eravamo (mia moglie ed io) in un gruppo di 23 persone, scortati da una guida locale eccezionalmente simpatica e competente che ci parlava in perfetto italiano e che ci ha accompagnato per tutto il viaggio. Con lui vi era un giovane poliziotto in borghese, obbligatorio per più di 4 turisti che viaggiano insieme, che sarebbe stato utile in caso di disguidi (es. risolvere rapidamente i controlli ai posti di blocco) ma che penso avesse anche il compito di sorvegliarci (ma non parlava né italiano né inglese).
Non vi sto a fare la cronaca del viaggio e dei dettagli di ciò che abbiamo visto nel visitare le antiche rovine di numerose città (ciascuna egregiamente illustrata da guide locali); città puniche o greche, poi romane, poi bizantine, poi ottomane fino alla crudele conquista italiana del 1911, proseguita con lo sviluppo della colonia durante il periodo fascista che ha avuto in verità molti lati positivi. Ma abbiamo goduto anche del profondo deserto nel centro del paese, deserto di sassi e di sabbia con le dune altissime dove i fuoristrada ci hanno fatto correre come sulle montagne russe e portato a vedere i graffiti di 10.000 anni fa e le oasi con i laghi salati, le vecchie città arabe con le loro fortezze, tutte sotto la protezione dell’UNESCO in quanto giudicate patrimonio dell’umanità.
L’unico commento è che tutti, alla fine del viaggio, abbiamo pensato che vale la pena di tornarci, il che è sintomatico dell’impatto che la Libia (quasi 6 volte più grande dell’Italia) ha avuto su di noi. 
Vorrei invece parlare di qualche peculiarità e caratteristica dell’ambiente e delle persone.
Bene, ricorderete certamente che la Libia è stata per molti anni sotto embargo per i comportamenti del Capo Supremo Gheddafi (39 anni di potere), tanto che era considerato giustamente uno dei paesi “canaglia”. Ora non lo è più.
In pieno embargo, il nostro simpatico (?) Vittorio Sgarbi nel 1998 decise di andare in Libia e di rompere questo “black listing” deciso dagli USA e seguito da tutto l’occidente. Penso che Sgarbi abbia fatto proprio bene perché da quel momento la politica del Capo è andata lentamente modificandosi fino al riconoscimento delle colpe del disastro di Lockerbie dove morirono più di 450 persone innocenti per una bomba libica sull’aereo, per non parlare dei circa 40 soldati e civili morti in una discoteca in Germania.
Da allora il paese si è aperto lentamente al turismo con tutti i limiti che ancora esistono dovuti a numerosi fattori che non sono solo quelli della differenza di cultura religiosa. Per esempio gli scavi delle antiche città che furono timidamente iniziati da qualche archeologo francese ed inglese nel XIX secolo e sviluppati dagli italiani negli anni 20 del secolo scorso fino all’inizio della seconda guerra mondiale, non sono considerati da Gheddafi facenti parte della loro cultura, perciò sono spesso in condizioni pietose, senza controlli, abbandonati. Il “Dux”, come si fa’ chiamare, si dimentica che nella cultura di un paese c’è anche la sua storia. Sembra che consideri solo la parte araba del paese unicamente perché i primi abitanti erano i fenici (provenienti dalla penisola arabica e istallatisi nell’attuale costa del Vicino Oriente, Siria, Libano, Israele, Palestina, cioè quei popoli che occuparono le terre dell’attuale Nord-Africa, mettendovi piede e costruendo città principalmente nell’attuale Tunisia e Tripolitania, per i loro commerci. Fenici che i romani chiamarono punici e che vennero sconfitti dai nostri diretti antenati i quali conquistarono e distrussero Cartagine. Quindi la storia ci racconta che i romani invasero anche le coste della Cirenaica dove erano arrivati prima i greci, fino alla caduta dell’impero romano d’occidente, seguito dall’impero bizantino e da quello ottomano. Anche l’Italia è stata invasa e conquistata da una miriade di stranieri, più o meno “barbari”: ciò fa’ parte della nostra storia, quindi della nostra cultura.
Sembra che da pochissimo tempo, qualche accenno di collaborazione e di azioni congiunte con gli archeologi stranieri si sia istaurato, grazie anche al fatto che giovani libici vengono in Italia a studiare archeologia. Meno male!
 
Ma non vorrei annoiarvi troppo con questi racconti seriosi, quindi passo alle cose più semplici e caratteristiche (positive e negative) ed anche a qualche consiglio nel caso in cui fossi riuscito a farvi venire la curiosità di fare una visitina laggiù.
1)     La seconda metà di ottobre è ideale per il clima che è in genere molto secco. In questo periodo in Cirenaica si sta come da noi in estate, ma con piacevoli brezze e venticelli. Dove abbiamo dormito a 900 m di altitudine, la sera era necessario un pullover e forse qualcosa di più. Anche nel deserto la temperatura non andava oltre i 30° senza un filo di umidità ed il venticello continuo rendeva l’ambiente più che piacevole. Di notte avevamo 15-16 gradi, Solo negli ultimi due giorni a Tripoli e dintorni (Leptis Magna) l’umidità era aumentata per via dello scirocco, ma di sera si stava bene.
2)     Se non arrivate alle 11 di sera o anche qualche ora dopo a causa di ritardi degli aerei, cosa normalissima alla quale dovreste abituarvi con pazienza, riceverete un “drink” di benvenuto, ovviamente non alcolico (ci sono anche birre tedesche senza alcol più che accettabili che costano come in Italia). Anche l’acqua (sempre in bottiglia) è a volontà e non si paga se usate quella del frigo negli alberghi o al ristorante.
3)     Premunitevi di un liquido insetto-repellente perché ci sono dappertutto, anche in pieno deserto, delle mosche piccolissime ma fastidiosissime che spesso preferiscono il viso o le braccia del turista ai piatti ripieni di cibo.
4)     I pasti: in 10 giorni di soggiorno, dovunque, cioè in alberghi, ristoranti, bettole, pic-nic nel deserto sotto un albero, ecc. il menu è costituito unicamente da:
a)     insalatina di pomodori, lattuga, ottimi cetrioli, cipolle, carote, qualche fagiolo, il tutto tagliato a pezzettini (l'aceto per condire è come l'acqua e ovviametne non deriva dal vino ma dai datteri)
b)     zuppa libica (ottima), solitamente piccante che assomiglia un po’ alla “goulash suppe” austro-ungarica con la base di carne o di pesce e pomodoro: oppure una zuppa di ceci
c)     carne di pollo e/o agnello alla griglia, molto cotta solitamente accompagnata da patate fritte e cous-cous oppure riso condito (una volta ci hanno rifilato anche gli spaghetti al pomodoro) e qualche altro pomodoro e fagioli. Tre volte la carne è stata sostituita da pesce (ottimo)
d)     frutta (pere, mele) o macedonia di frutta, o banana, ottimi datteri freschi a volontà che chiamano la “seconda mamma” perché si può sopravvivere a lungo nel deserto (con l’acqua) solo mangiando questi frutti.
e)     alla fine sempre l’ottimo the alla menta, alcune volte frullato con schiuma, cosa inusuale e piacevole
f)       Il caffè è disponibile, quasi sempre liofilizzato, ma abbiamo gustato anche alcuni buoni “espresso”
g)     Da notare, questo pasto, senza caffè, costa 20 dinari, cioè circa 13 €, ma non vi affannate a cercare variazioni o altri tipi di cucina: sarebbe una battaglia persa in partenza
5)     Specialmente in Cirenaica, vi sono rifiuti abbandonati ovunque, ed è un peccato
perché l’ambiente è bello ovunque. Speriamo che risolvano questa bruttura al più presto. Il fatto è che il Dux non ama la Cirenaica dove vi sono molti oppositori e dove molti anni fa ha subito un attentato che lo ha ferito gravemente (curato da un'infermiera che poi è divenuta sua molgi e gil ha dato 5 figli) quindi se ne frega di questa regione. Anche nel deserto vi sono rifiuti, ma questa situazione è in massima parte colpa dei turisti
6)     I libici non lavorano molto e, quelli che lo fanno, solo dalle 8 alle 14, amano il loro istinto primordiale, cioè il commercio; così moltissimi aprono anche un negozietto dove vendono di tutto e riempiono il resto della giornata. Non parliamo dei lavori umili e pesanti. Questi sono espletati unicamente da i loro “extracomunitari”, cioè egiziani, beduini del Niger, tunisini, senegalesi, ecc. Se hai bisogno di un idraulico o di un pittore per la casa o di un muratore, vai in una delle tante rotonde in e fuori città e vedi persone che attendono che qualcuno li chiami, un po’ la situazione dei nostri “caporalati” nel Sud Italia. Tutti hanno una casa comprata a prezzi “calmierati”, una o più TV con parabola, internet, l’aria condizionata, l’auto, e tanti figli. Negli anni 60 i libici erano meno di 2 milioni, ora sono più di 6….e continuano.
7)     A proposito di auto, ve ne sono di tutti i tipi fuori città, anche molto vecchie, tipo Peugeot 403 e 404 degli anni 60-70, la maggior parte pick-up, ma quelle più recenti sono quasi sempre giapponesi o coreane. In città si vedono numerose Mercedes e le maxi giapponesi e coreane  della dimensione e classe delle Mercedes S, qualche BMW. Italiane zero: ho visto solo due Palio in tutto il viaggio, e una Ferrari a Tripoli (chissà chi si occupa dell’assistenza, è molto probabile che venga un esperto dall ‘Italia ogni volta). Stranamente il 90% dei camion e degli autoarticolati sono invece Fiat o IVECO. Per chi ama le auto d’epoca, vi sarebbe una buona fonte di approvvigionamento. I fuoristrada ed i pick-up del deserto sono tutti Toyota Land Cruiser del tipo vecchio, cioè non elettronici, perché i loro autisti, Beduini e Tuareg libici, devono essere capaci di poterci mettere le mani senza il computer.
8)     I cartelli stradali sono tutti e solamente in lingua araba, quindi vi dovreste arrangiare con una guida se volete andarci da soli. La cosa stramba è che sono istallati solo preventivamente e mai all’incrocio o alla rotonda, quindi, se non avete letto bene a 150 metri prima, dovete tornare indietro. Questo (la sola lingua araba) lo ha voluto il Dux perché aveva notato che nel resto del mondo non vi sono scritte in arabo oltre alla lingua locale. Quale è dunque la soluzione?…..studiatevi l’arabo, prima che le nostre imprese diventino tutte appartenenti ai fondi sovrani….
9)     Nel deserto vi sono i cosiddetti beduini che in arabo si chiamano “amazigh”. che significa “non cittadino”, provinciale, solitamente non stanziale, cioè nomade; ora però abitano in case moderne e sono diventati stanziali come i cittadini, abbandonando le loro tende e le loro vecchie case quando facevano i contadini. Nel nostro gruppo abbiamo quindi scoperto che la maggior parte di noi sono beduini, in napoletano “cafune e’ fora”
10) Ultima peculiarità, in parte sorprendente. In generale, quando si viaggia all’estero, è difficile trovare il bidet nella sala da bagno. In Libia molti alberghi ce l’hanno e, quando manca, vi è la soluzione alternativa, cioè un tubo flessibile che esce da un rubinetto all’altezza di circa 50 cm da terra che permette di lavarsi piedi ed organi genitali e dintorni. In molti ristoranti “fuori porta” dove vi sono i classici gabinetti alla turca e gli sciacquoni non ci sono o non funzionano, non manca mai il rubinetto ed il tubo che serve per pulire e pulirsi. La ragione? I musulmani, almeno quelli di Libia, hanno molta cura della pulizia della loro persona, e non solo per lavarsi i piedi prima di entrare a piedi nudi nella moschea.
 
A parte le cose amene e più o meno interessanti, spero di aver solleticato la vostra curiosità e la Libia è un mondo da vedere, altrettanto interessante – mutatis mutandis – di quello che solitamente vogliamo andare a visitare in Europa, in Asia e nel Nuovo Mondo.
Bon voyage!
 
 
PS – Quando ero nel deserto mi si accesa una lampadina pensando alle varie ragioni che spingono i governanti di molti paesi nel mondo con grande affluenza e tradizione turistica, a non firmare gli accordi di Kyoto e simili o, se li firmano, poi non si comportano adeguatamente quindi non mettono in pratica le direttive per diminuire i gas serra. Hanno capito che il deserto con le dune e le corse dei fuoristrada, oltre ad essere di moda, hanno un fascino eccezionale per i turisti…..quindi cercano di creare le stesse condizioni desertiche nei propri paesi per non perdere i visitatori che paesi concorrenti come la Libia, l’Algeria, il Marocco, Sudan, Ciad, Niger, ecc. stanno attraendo sempre più verso di loro. Sarà questa una delle ragioni importanti? Bah! …..ogni tanto ci vuole un paradosso che non sta né in cielo né in terra! ed un sorriso
 
 
 
 
 
Di Gennaro Aprea (del 26/08/2008 @ 15:53:03, in C) Commenti e varie, cliccato 795 volte)
FASCISTA !
 
Sono appena ritornato dalle ferie, buone perché distensive, come dovrebbero essere sempre. Ho letto naturalmente molto, libri e giornali e mi è rimasto impressa una notizia di cui non arrivo a spiegarmi la congruenza.
Il senatore Maurizio Gasparri, del PdL, ha deciso di querelare il mensile “Famiglia Cristiana” ed il suo direttore, perché ha chiamato fascista il comportamento di molte azioni dei rappresentanti del governo in carica e del Sindaco romano Alemanno, soprattutto di rappresentanti di Alleanza Nazionale, ex MSI.
Il Senatore Gasparri, cinquantaduenne, non è certamente stato un fascista della “prima ora” e tanto meno del ventennio, non ha combattuto nella Repubblica di Salò, perché troppo giovane.
Però, giovanissimo, ha fatto parte del Fronte della Gioventù, noto per le caratteristiche fasciste dei suoi membri, del FUAN, corrente universitaria di tendenze fasciste, è stato Presidente nazionale dei due. Se non erro a quei tempi i giovani del FdG e del FUAN facevano spesso il saluto fascista, si proclamavano fascisti con fierezza, dicevano Viva il Duce con altrettanta fierezza, ed altre amenità del genere tipo cantare a squarciagola:
                            
                             "All'armi, all'armi, all'armi siam fascisti...!
                               terror dei comunisti
                               e noi del Fascio siamo i componenti
                               la causa sosterrem fino alla morte
                               ecc.............."
 
Non mi risulta che Il senatore Gasparri si sia ricreduto dalla sua fede, sia passato ad altro partito di centro o di sinistra. Se lo avesse fatto, avrei capito il suo sentirsi offeso dall’epiteto “fascista”. Mi risulta invece che MSI e AN siano stati sempre composti da persone di fede fascista e che abbiano voluto mascherare la loro fede cambiando i nomi del partito e mescolandosi ad altri ex nel PdL, nonché cambiando il nome del loro giornale da Popolo d'Italia a Secolo d'Italia.
Allora perché ti offendi caro Gasparri? Fino a qualche anno fa questo appellativo ti riempiva di orgoglio!
Se oggi non ti senti più fascista, dovresti pubblicamente dirlo e magari cambiare partito per essere congruente, come molti altri politici hanno fatto (anche molto spesso) in questi anni….oppure no?
Vai a capirli questi benedetti parlamentari!
 
Di Gennaro Aprea (del 07/08/2008 @ 11:15:27, in C) Commenti e varie, cliccato 749 volte)
PASSAGGIO DELL’ ”OUED”
Si dice che nel periodo delle vacanze si legge di più. Quindi ho deciso di raccontarvi un altro episodio un po' particolare  che mi è successo qualche anno fa, nel 1976. Molti di voi non hanno il collegamento con Internet nel luogo di villeggiatura, quindi quei lettori del mio piccolo sito potranno leggerselo al ritorno a casa. Parla del Marocco, che è uno dei più bei paesi del mondo: andateci, ma non in un villaggio vacanze perché è necessario vederlo tutto, magari con un fuori strada.
Di ritorno dal Brasile (dove ero stato per più di un anno per lavoro) ci fermiamo in Marocco per circa una settimana di vacanza.
 Ricordavo bene il Marocco dove avevo passato alcuni mesi per lavoro nel 1963. Mi aveva lasciato nella mente immagini indimenticabili dell’immensità dei deserti di sabbia e di sassi, della neve sul Moyen Atlas, dei villaggi di fango con i palazzi “czar[1], dell’azzurro del cielo e della gentilezza degli abitanti, dei vellutati occhi neri delle donne, dell’oceano e delle nebbie di Casablanca, dell’ottima cucina e dei vini profumati, tutte cose viste spesso frettolosamente durante i viaggi di lavoro.
Ora volevo rivederlo con Dany che non lo conosceva affatto.
Così, appena arrivati all’aeroporto, noleggiamo una macchina, nuova per noi perché uscita da pochi mesi dalle catene di montaggio della Fiat, la 127.
Una breve puntata a Casablanca per un magnifico couscous e due ore di riposo dalla notte passata in aereo, poi subito sulla strada per Marrakech passando attraverso la depressione dove la temperatura arriva a 48°C (e non c’era il condizionatore).
Poi un paio di giorni in quella città bella e piena di attrazioni, la medina, il pasto casalingo con la famiglia della nostra guida (obbligatoria nel labirinto del souk/mercato), gli uliveti, le corse dei cavalieri del re… e via verso il passaggio dell’Haut Atlas sul passo, alto più di 2700 metri. Ci attendono 520 Km di strada per arrivare ad Erfoud, nel nord est del Marocco..
La strada che conduce al passo è in salita dura e gli ultimi tre chilometri è in terra battuta. Poi, all’apparire dell’altro versante, si presenta un panorama fantastico con l’orizzonte infinito del deserto. Scendiamo lentamente godendoci le visioni incantevoli che si rinnovano ad ogni tornante. Dopo quasi un’ora arriviamo sulla pianura desertica segnata da un nastro di strada asfaltata in perfetto ordine che corre parallela alla catena dell’Alto Atlante verso nord. Attraversiamo la cittadina di Ouarzazate e ci ritroviamo ancora in pieno deserto. La 127 fa’ il suo dovere e ci sentiamo sicuri, devo ammettere con un po’ di incoscienza perché, se si fermasse, non sapremmo cosa fare.
Siamo diretti verso nord-est e sulla strada non c’è segno di vita. Dopo una sessantina di chilometri vediamo da lontano un gruppo di case di fango. Ci rincuoriamo perché cominciavamo ad essere preoccupati, ma quando ci passiamo vicini ci rendiamo conto che sono abbandonate e cadenti…
Passa un’altra ora. Ci basterà la benzina? Appena ci scambiamo questo pensiero con un dito sul cruscotto e un’occhiata di intesa, dietro una curva, appare un villaggio, questa volta abitato, pieno di bambini che corrono urlando di gioia dietro l’automobile e facendoci festa. Sulla strada incontriamo altri villaggi e una stazione di servizio. Finalmente rincuorati proseguiamo addentrandoci in una nuova strada più sperduta che ci indirizza a destra. Al bivio c’è un poliziotto che ci chiede un passaggio e si presenta subito in perfetto francese. “Sono Ahid Lahcen e sto andando a casa in permesso nel mio paese – poi continua – cosa fate di bello in Marocco?”
“Stiamo andando a Erfoud e facciamo un po’ di turismo”.
“Très bien – continua – allora potete lasciarmi proprio dove c’è la mia famiglia, a Tourug”
La conversazione continua per un po’. Noi gli raccontiamo del nostro viaggio, da dove veniamo, lui della moglie e dei bambini, che già sono quattro; eppure dimostra non più di 25 anni.
Quando ci avviciniamo a Touroug, la strada comincia ad essere coperta di fango, ancora fresco, così dobbiamo diminuire la velocità per evitare sbandate pericolose. La fronte di Ahid si increspa, sembra preoccupato. Appena incontriamo qualcuno , lui ci chiede di fermarci e domanda notizie.
Purtroppo ci sono state delle piogge molto forti che sono durate tre giorni, cosa quasi assurda ai margini del deserto, e la strada che passa sull’oued è interrotta…
Chiediamo : "cosa è l’oued?" e Ahid ci spiega. Gli oued sono delle fiumare, di solito molto larghe, in alcuni punti fino a 300 metri, e una di queste passa per Touroug.
Ma non è questo il problema. Il fatto è che la strada che attraversa l’oued è molto antica ed il passaggio è ancora quello costruito dai romani, quelli dell’impero di quasi 2000 anni fa. Gli ingegneri, anzi i genieri dell’esercito romano, non costruivano ponti ma riempivano il fondo dell’oued, di circa 80-100 cm più basso rispetto alle rive, costruendo così  con dei massi di roccia della montagna vicina una sopraelevazione e creando quindi una strada che, ad intervalli di circa un metro, ha tanti piccoli tunnel ad arco per lasciare passare sotto il piano stradale l’acqua piovana…. la poca e le poche volte che veniva giù dal cielo.
Questa volta però la pioggia è stata talmente forte e ininterrotta in tutta la zona che, non solo ha superato il livello stradale dell’attraversamento dell’oued inondando anche parte del villaggio, ma la forza dell’acqua ha trascinato via molti sassi, creando delle buche profonde sul passaggio veicolare. Quindi, nessuna possibilità di continuare.
Ma Ahid si mostra ottimista, sa che vogliamo arrivare ad Erfoud prima di notte e tenta di tranquillizzarci. Sorridiamo per fargli piacere, ma già pensiamo che il nostro programma di viaggio sarà prolungato e ci dovremo fermare a Touroug…..chissà per quanto tempo!
Ahid ci lascia per qualche minuto e ritorna quasi subito con una “banda” di almeno 20 ragazzini. Ci ordina di seguirlo e ci avviciniamo all’oued dove scorre ancora l’acqua; però sembra che la profondità sia relativamente bassa, più o meno 30-40 cm.
Si toglie le scarpe che si lega ai fianchi, poi si sfila la cintura che per fortuna fa’ solo da ornamento perché i pantaloni sono abbastanza attillati sulla pancetta. Quindi incita i ragazzi ad entrare in acqua formando una linea curva a ventaglio e gli grida di andare avanti tenendosi per mano.
Capiamo subito: la strategia è quella di “tastare” il fondo dell’oued per evitare buche o grosse pietre che potrebbero bloccare o danneggiare la macchina…poi ci incita a seguirlo, lui dietro ai ragazzini che urlano di gioia perché si divertono, anche se sulle loro schiene ogni tanto arriva una scudisciata della sua cinghia a quelli che non eseguono gli ordini.
Così pian piano avanziamo. Un po’ acqua comincia ad entrare anche nell’abitacolo dalla fessura bassa della portiera; un paio di volte le ruote si bloccano contro dei grossi ciottoli, prontamente spostati; Dany è sconvolta, io sono tutto preso dalla guida ma sento di poter dare fiducia in Ahid. Danila impaurita e a metà sul faceto mi urla…”Cosa vuoi,… affondare con la tua barca?”
Il guado dura almeno 20 minuti per un percorso a zig zag di non più di 300 metri. Venti minuti che ci sembrano una vita.
Alla fine la 127 fa’ l’ultimo sforzo e s’inerpica sulla riva opposta sbandando ogni tanto. Ci fermiamo. Dany è finalmente sorridente e si rilassa, io sono in un bagno di sudore per la tensione.
Allunghiamo una bella manciata di denaro ad Ahid dicendogli che la metà è per i bambini. Si schernisce, ma dietro le nostre insistenze, soprattutto pensando ai bambini, accetta non senza dimenticarsi di ringraziarci per il passaggio.
La sera arriviamo ad Erfoud, l’ultimo villaggio prima del deserto, senza alcun intoppo, stanchi ma soddisfatti. Un magnifico hotel di architettura czar con camere regali e docce enormi ci accoglie e poco dopo una cena piacevolissima servita da camerieri impeccabili.
Pensiamo già all’alba di domani quando andremo nel deserto di sassi per vedere il sorgere del sole circondati solo dall’infinito e arriveremo con la nostra fida 127 fino alle dune di Erg Chebbi.
Il giro del Marocco continuò per altri 4 giorni, il canyon con il "Tunnel del Legionario", la magnifica Fes, Meknes, Rabat, ma questa giornata del 1° giugno 1976 è rimasta impressa nella nostra memoria per sempre.
Al ritorno a casa decidemmo di comprare la seconda macchina: indovinatene il modello !


[1] Tipo di costruzioni padronali a forma di fortino
 

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