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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Gennaro Aprea (del 03/10/2006 @ 17:19:44, in I) Sport e Calcio, cliccato 1101 volte)
Prime considerazioni sul gioco dei calci…. pardon del calcio
 
 
 
Sono perfettamente conscio che questi miei commenti mi attireranno le maledizioni, ed anche qualcosa di più, della maggior parte dei lettori.
Il fatto è che da molti anni ormai (più o meno a partire dal nostro 4 a 3 con la Germania ai campionati mondiali del 1970) sono più che convinto che il gioco del calcio non si può più considerare uno sport. E non mi riferisco solo al fatto che vi girano milioni e miliardi, né al fatto che sugli spalti vi sono accese tifoserie costituite spesso da delinquenti più o meno politicizzati.
Ritengo che lo “spettacolo più bello del mondo” oggi abbia perso qualsiasi caratterisica di uno sport  vero.
Non voglio parlare degli ultimi avvenimenti che ci hanno “deliziato” quest’anno, in un crescendo inimmaginabile; editorialisti eccellenti ne hanno scritto da tutti i punti di vista, alcuni salvando il calcio, altri condannandolo.
Io lo condanno da un pezzo e vi dirò quale è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Tanti anni fa sono stato per 5 anni consigliere comunale, all’inizio eletto con la maggioranza come indipendente, poi dopo pochi mesi, dimissionario dall’incarico di assessore all’ecologia, fuori dalla maggioranza di sinistra e all’opposizione, il cui sindaco socialista aveva combinato una grossa porcheria.
Per motivi di presenza obbligata ad alcune manifestazioni, una volta dovetti assistere ad un allenamento di ragazzi dai 12 ai 15 anni di una squadretta di calcio locale. E fui inorridito dall’allenatore che insegnava a questi ragazzi le tecniche per far male agli avversari senza farsi vedere dall’arbitro. Quando cercai di protestare, molte persone mi dissero con sarcasmo che questa era una prassi normale e consolidata e che non dovevo prendermela tanto……c’è qualche commento da fare? Forse aggiungere solo che i genitori dei ragazzini che accompagnano agli allenamenti e che sono presenti alle partite, incitano i figli ad essere crudeli! Qualche giorno fa, in un pranzo in Toscana ho avuto l’occasione di parlare di calcio con delle persone che non avevo mai visto prima dicendo che quando vedo una partita in TV cambio immediatamente canale e che, se mi soffermo per qualche attimo, non vedo altro che gioco scorretto. Ebbene molte du queste persone mi hanno dato ragione e una distinta signora mi ha raccontato aver sentito i genitori incitare i figli con questa frase detta in puro toscano: “e dagli una stincata!”.
Allora il gioco scorretto che vediamo durante le partite non è forse il risultato di violenza voluta e insegnata ai giocatori con l’unico scopo di mettere gli avversari fuori combattimento? E il grave è che ciò è esteso ai bambini e ai giovanissimi!
Dopo Calciopoli, Moggiopoli e via “polificando” ho letto sulle lettere al direttore di vari giornali che molti appassionati di calcio sono rimasti disgustati da ciò che è diventato il calcio, campionati mondiali compresi (ormai si fa male all’avversario anche facendosi vedere bene da tutti, leggi Zidane)
Insomma nel gioco del calcio non vi è più un solo briciolo di etica sportiva. Insomma il calcio è più che altro una scuola di violenza in campo e sugli spalti.
 
Allora io propongo che i media, TV, radio e stampa, diano le “notizie sportive” ben separate dalle “notizie sul calcio”.
 
Voi mi direte che anche altri sport fanno girare centinaia di milioni e la sportività spesso è al limite dell’etica, la Formula 1, la pallacanestro, la palla a nuoto, il rugby (dove sono previsti alcuni comportamenti violenti dal regolamento del gioco) ecc., ma lì gli arbitri almeno sono molto severi e quasi sempre onesti. I disonesti si trovano dappertutto ma negli sport si tratta ovviamente di limitate percentuali rispetto a quelle nell’ambiente del calcio.
 
 
Di Gennaro Aprea (del 07/02/2007 @ 15:38:35, in I) Sport e Calcio, cliccato 1427 volte)
Calcio e gladiatori
 
“Non è più uno sport…” Questo non lo dico io, come ho già scritto nel mio primo articolo sul calcio l'anno scorso. L’ho sentito dire da una persona qualunque, intervistata da una troupe televisiva dopo l’assassinio dell’Ispettore di Polizia Filippo Raciti eseguito da giovani tifosi di una squadra di calcio, non si sa ancora quale, ma non ha importanza.
Allora mi sembra che il mio pensiero che il calcio non sia più uno sport e che esso sia una scuola di violenza non è lo sfogo di una persona come me amante degli sport, che in passato tifava per la squadra della città di origine e che ha giocato qualche volta da portiere e da terzino.
Mentre scrivo, il Governo non ha ancora deciso se gli stadi che non sono a norma di sicurezza ospiteranno le partite a porte chiuse. Mi auguro vivamente che questa volta queste punizioni per i tifosi, per le società di calcio conniventi con le tifoserie violente, e soprattutto per le “ganghe” più o meno politicizzate che “supportano” (questo verbo è volutamene satirico) le proprie squadre con atti delinquenziali dentro e fuori gli stadi, siano messe in atto con la massima severità. Non come quella “buffonata” di processi e di condanne dell’anno scorso che si sono dimostrate un “buffetto” e non un bel paio di schiaffoni alle squadre condannate in serie B o C con aggiunta di punteggi negativi. Condanne che sono iniziate con punizioni esemplari e che poi, man mano che passava il tempo, si sono ridotte quasi a dolci carezze. Tutto ciò per non far perdere denaro e fama agli interessi capitalistici, spesso sporchi, delle società di calcio.
Visto dal mio punto di vista, il fatto che gli stadi negli ultimi 4 anni abbiano perso e continuino a perdere spettatori è un’ottima notizia e non vale il fatto che siano aumentati di poco gli spettatori delle partite in TV.
Ho l’impressione, e spero di non sbagliarmi, che la gente abbia già iniziato a stancarsi di questi spettacoli dove i giocatori si comportano con violenza sul campo, incitati dalle tifoserie sugli spalti, tifoserie che, sempre più frequentemente, continuano a fare ciò che è successo a Catania, a Bergamo, solo per parlare degli ultimi episodi.
A proposito di violenza in campo, un paio di settimane fa quell’ottimo giornalista di Piero Angela e dell’altrettanto ottimo figlio d’arte Alberto (che ho avuto il piacere di conoscere a La Madeleine in Val d’Aosta quando Alberto aveva circa 10 anni) hanno mandato in onda una puntata di Superquark nella quale hanno descritto la storia dei Gladiatori e degli anfiteatri (lèggi stadi), in primis il Colosseo, al tempo dell’impero romano. Ebbene si è visto che i gladiatori erano come oggi sono i giocatori di calcio (salvo beninteso poche eccezioni), molti schiavi o ex schiavi, comprati a suon di denaro, scambiati fra un padrone e l’altro, che divenivano ricchi e si compravano la loro libertà, adorati dalla donne romane anche dell’alta aristocrazia (le cosiddette VIP di ora) alle quali piaceva andarci anche a letto insieme, ecc. ecc. Sugli spalti, pardon sulle gradinate, vi era il pubblico che li incitava a vincere uccidendosi l’un l’altro, oppure a lottare con le bestie feroci quasi a mani vuote; e se volevano che il perdente vivesse, mettevano il pollice in giù, quindi l'imperatore doveva quasi sempre seguire il parere della folla avendo solo  lui diritto di vita o di morte sui duellanti.
Così gli Angela hanno fatto un paragone con l’odierno gioco del calcio (violento) ed hanno trovato moltissime similitudini, salvo una.
I ”tifosi” di un gladiatore non si scontravano con quelli dell’altro che combatteva contro il primo, né sulle gradinate, né fuori. In altre parole vi era ancora un’etica “sportiva” seppur su uno spettacolo violento ed efferato, e non, come adesso, una “vocazione all’illegalità” diffusa.
Qualche tempo fa ho letto un suggerimento di un giornalista, che proponeva di dividere il gioco del calcio in due. Quello dei professionisti – che lui stesso giudicava non più uno sport ma, oltre alla violenza, solo un grosso business – e quello dei dilettanti che invece poteva essere considerato ancora uno sport perché non legato al giro finanziario (stadi, TV, scambi di giocatori e stipendi di milioni, ecc.) e giocato da persone che amano e vogliono fare sport, quindi "teoricamente" corrette e sostenute da spettatori corretti, spesso parenti, amici, figli-bambini. Mi è sembrata un’ottima idea e mi ripromettevo di parlarne proprio qui per approfondirla.
Poi ho visto qualche giorno fa al telegiornale e letto sulla stampa che un dirigente di una squadra di terza categoria, cioè in pratica di dilettanti, è stato ucciso da tifosi a calci e pugni perché voleva difendere un giocatore della sua squadra aggredito in campo, un campetto di paese. Allora mi sono cadute le braccia e mi sono detto che con il calcio non c’è proprio più niente da fare. Non resta che cancellarlo da ciò che si chiama “sport” con conoscenza di causa, e lasciarlo andare al diavolo.
Intorno ad altri sport girano molti interessi, danaro e pubblicità, ecc., la Formula 1, la pallacanestro, la palla a volo, il tennis, lo sci, il ciclismo e perfino l’atletica leggera ed altri ancora. Ma i tifosi, seppur accaniti ed organizzati, non sono violenti, non incitano alla violenza, non uccidono.
Chi è d’accordo con me si faccia sentire; chi non condivide le mie idee si faccia sentire lo stesso, spero senza improperi, ma con proposte intelligenti e costruttive per una soluzione di questo problema.
Un ultimo rispettoso pensiero all’Ispettore Raciti e alla sua Famiglia.
 
Di Gennaro Aprea (del 16/02/2007 @ 18:24:38, in I) Sport e Calcio, cliccato 825 volte)
ANCORA CALCIO! UFFAH!
 
Quando leggo i giornali mi piace molto scorrere le lettere dei lettori che spesso sono scorci di vita sconosciuta ai più. Su La Repubblica di ieri, fra le altre, ne ho lette due che riguardano i recenti avvenimenti del calcio, avvenimenti che in questi giorni spesso stanno sulle prime pagine.
Ve le voglio citare perché sono decisamente significative e mi hanno portato alla meditazione.
La prima è del Signor Fedele Balla indirizzata a Corrado Augias e lamenta il fatto che i provvedimenti adottati non risolveranno la situazione. L’ottimo Augias gli risponde dicendo che l’industria del calcio non si lascerà facilmente “correggere”. Alla fine aggiunge che i calciatori non si sono fatti sentire come era loro dovere. Se la prende giustamente anche con Totti, da lui giudicato un atleta serio, il quale, quando la curva ha fischiato la Polizia, avrebbe dovuto andare verso i fischiatori e utilizzare il suo dito per zittirli mettendolo davanti al naso invece che usarlo come ciuccio. E conclude: “Brutto segno che non ci abbia pensato nemmeno lui, bruttissimo segno”.
La seconda è della Signora Valeria Petrella la quale ha uno dei suoi 4 figli disabile che tutti evitano e, quando porta i suoi figli maggiori alle partitelle del campionato dei bambini sente i genitori scalmanati incitare i propri figli a giocare senza regole mentre inveiscono contro l’arbitro.
Al Torneo di Carnevale di Viareggio i giocatori della squadra argentina Arroyo di Santa Fè che giocava contro il Genoa ad Arenzano hanno più di una volta preso di mira i giocatori italiani per riempirli di botte (e in parte ci sono riusciti), e l’Arbitro (preso a calci), tant’è che 6 di loro sono stati espulsi ed il Genoa ha vinto a tavolino perché – non lo sapevo – il regolamento dice che due squadre non possono più giocare se una ha meno della metà dei giocatoti previsti. Ma non vi sono altri regolamenti che potrebbero far ritornare il calcio ad essere uno sport? Evidentemente no.
Non si può fare a meno di constatare, dopo la meditazione alla quale vi invito, che la gente si sta veramente stancando di questo “Gioco dei calci”.
E allora - RIPETO - non chiamiamolo più sport, non confondiamolo con i veri sport, mettiamolo al bando una volta per sempre!!!
Sapete che vi dico? Non vale più la pena che io scriva sul calcio. Forse scriverò di sport, quelli che le varie TV oggi relegano a pochi secondi di cronaca.
Forse riprenderò a scriverne se il calcio ritornerà ad essere uno sport, ma temo che ciò non succederà più o per lo meno prima della mia scomparsa.
 
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